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Problemi di socializzazione o abilismo?

Per socializzare di più, sta alla persona disabile mostrarsi estroversa, fare tante battute.

È la persona disabile che deve fare la parte di rompere il ghiaccio: deve fare quel passo in più per venire incontro agli altri, in modo che vedano “oltre” la disabilità.

Questi discorsi li ho sentiti spesso da alcune persone in carrozzina o con altre disabilità.

Loro sostengono cioè che per “aiutarci” nelle relazioni noi persone disabili dobbiamo fare uno sforzo in più, sfoderare le nostre carte migliori, mostrarci un po’ più estroversi di quello che siamo.

Questi discorsi mi lasciano sempre un po’ perplessa, più che altro per il tono di certezza granitica e rassegnata.

Alcuni adolescenti ma anche adulti disabili a volte faticano a socializzare, è vero.

Conosco varie persone disabili che proprio per questo motivo in adolescenza hanno fatto sempre i pagliacci, i giullari del gruppo. Perché? Perché hanno capito che così venivano più coinvolti e inseriti nelle dinamiche del gruppo.

Snocciolare battute comiche, venire sempre incontro agli altri, attivare un sarcasmo politicamente scorretto per mostrarsi avvicinabili.

Se non si è inseriti bene nel gruppo, a sentire alcune persone disabili, vuol dire che ci si è sforzati troppo poco in questo senso.

Ma dovranno fare un po’ troppe cose queste persone disabili?

Possibile che la responsabilità sia sempre di chi è disabile?

Penso che bisogna smettere di dare così tanta importanza alla questione “far parte del gruppo”. Il rischio di dover stare sempre a dimostrare qualcosa, di rendersi sempre simpatici e interessanti, sempre sul pezzo, è quello di snaturarsi, quasi di perdere la propria identità.

Siamo costantemente incoraggiati a rassicurare chi non è disabile, provocare il minor fastidio possibile, compensare, quasi, per le nostre mancanze, far dimenticare ai bipedi che siamo in carrozzina, fare il possibile per far capire che ehi, siamo proprio come loro, scherziamo anche noi, facciamo battute volgari anche noi!

Ma indovinate un po’: il mondo non gira intorno a chi non è disabile. Non dobbiamo dimostrare niente.

Stare bene con se stessi, in definitiva, mostrarsi al mondo senza maschere, è più importante di farsi accettare ed essere inseriti nel gruppo.

A volte, semplicemente, il problema non riguarda affatto il modo di porsi della persona disabile, ma l’abilismo.

Se alcuni coetanei a scuola o colleghi al lavoro non ci vedono come loro pari, più di tanto non ci si può fare.

La cosa importante è capire che il problema, spesso, non siamo noi persone disabili.

Si continua ognuno per la propria strada: alcune persone, dopo un primo periodo di pregiudizi e timore ad avvicinarsi, diventeranno più inclusive. Per altri invece forse questo non succederà mai.

Amen. Il mondo è pieno di pesci.

[Maria Chiara]

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