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“Non sono ammessi i bebé!”

Ho ventitré anni ma, per quanto può sembrare assurdo, mi è capitato più di una volta di essere scambiata per un bebé. Uso una carrozzina su cui sto distesa, e questo sembra essere un motivo sufficiente per darmi meno di tre anni.

La volta più eclatante è stata una sera che c’era una festa dell’università, a Londra. La festa si teneva in una sede in cui io avevo pochissime lezioni e che quindi non frequentavo quasi mai.

Era quasi Natale, quindi avevo il mio cappottone bianco che mi è valso il soprannome di “meringa”, con annessa sciarpa anti-vento-di-Londra.

Entro nella minuscola hall della sede distaccata: la mia carrozzina elettrica, specifico, più che a un passeggino assomiglia a un piccolo “tavolo” con le ruote.

Mi fermo un attimo per togliere il cappotto perché, se fuori è freddissimo, dentro c’è il riscaldamento a palla (come in ogni ambiente chiuso d’inverno in Inghilterra, da quello che ho visto).

Al che, con mezzo braccio sfilato dal cappotto, sento la portinaia che inizia a urlare:

“Noo babies, no babies allowed, NO BABIES!!!” Non sono ammessi i bebé.

La mia assistente si blocca, allarmata. Lei non parla benissimo inglese, la portinaia ha un accento poco usuale e, onestamente, sta strillando cose fuori contesto, che uno generalmente non si aspetterebbe. Io avevo già vissuto cose simili e quindi non ero così esterrefatta.

A causa del poco spazio, sto dando le spalle alla portinaia, che quindi non vede la mia faccia ventenne. E non riesco né a girarmi né ad andare avanti, perché è la portinaia che deve aprire il cancelletto.

“I’m a student”, dico in tono sostenuto. Ma lei sta urlando come se ne andasse della sua vita, e non mi sente: “NO UNDERAGE, NO UNDERAGE!”

Presa da un attacco di riso, chiarisco alla mia assistente la situazione: lei allora prova a dire alla portinaia a voce più alta che sono una studentessa, ma ancora le due non si capiscono.

Allora per il momento ci rinuncio e dico alla mia assistente di finire di togliermi il cappotto, che in tutto questo tempo è rimasto sfilato a metà, mentre sullo sfondo la portinaia continua a sbraitare la sua cantilena.

Entra una mia compagna di corso, anche lei sta andando alla festa.

Mi saluta, e si trova davanti me che sto ridendo istericamente mentre tolgo il cappotto e la portinaia che sta urlando che sono ammessi solo maggiorenni.

Sgrana gli occhi, probabilmente non crede che quello che vede stia succedendo veramente. E in effetti, per le persone non disabili questa è spesso una situazione fuori dal mondo.

“She’s not a baby, she’s a student!” dice indignata.

La portinaia si placa improvvisamente, come se fosse stato schiacciato un bottone. Apre il cancello e io vado avanti, arrivando in uno spazio più largo. Mi giro verso di lei.

“Sorrysorrysorry non ti avevo vista!!”, si affanna a dirmi.

“Ok, in che sala è la festa di fine term?” chiedo laconica.

[Elena]

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