M. Chiara è davanti al mare, sorride e il vento le porta delle ciocche di capelli davanti al viso; indossa una maglietta verde sfumata, shorts bianchi e sandali marroni

Un manifesto del nostro lavoro

No, non ci interessa lavorare per campagne di grosse aziende che per provare a non pagarti dicono che il loro intento è la “sensibilizzazione”.

No, non vogliamo essere coinvolte da giornalisti a cui le persone disabili interessano come storie commoventi di “coraggio” (e non certo come lettori e lettrici).

No, non ci va bene essere incasellate come persone sofferenti, che fanno cose “nonostante la disabilità”. E, tempo perso a parte, siamo sollevate quando – spiegata la nostra posizione – alcuni si volatilizzano e smettono di scriverci.
Non collaboriamo con chi ci contatta e ci propone una narrazione abilista che non intende minimamente mettere in discussione.

Preferiamo non collaborare con chi pensa che coinvolgere persone disabili lo renda automaticamente progressista, non ne fa mistero e non se ne vergogna, anzi lo tratta come un motivo di vanto e come un’eccezionalità.
No, non ci interessa lavorare con chi si occupa di giustizia sociale e parla di disabilità solo per spuntare la casellina, ma non affronta gli aspetti strutturali dell’abilismo, declassandolo così, di fatto, a discriminazione “minore”.

No, non riusciamo a stare a lungo in quei contesti che si occupano di disabilità dove non ci si fa problemi a dire che le persone disabili hanno qualcosa in meno, che devono essere compatite, controllate e tenute lontano dalle persone non disabili.
Troviamo faticoso lavorare con le persone disabili che portano avanti una narrazione pietistica e non sono interessate a una giustizia sociale a tutto tondo.
Non collaboriamo con chi ha una disabilità fisica e si pone due spanne più su delle persone con disabilità non fisiche, perché “per loro è diverso”.

No, non riusciamo a incontrare chiunque ce lo chieda, e per quanto riguarda i messaggi diamo priorità a quelli delle persone disabili – o dei familiari o partner delle persone disabili – che ci chiedono consigli. Il tempo e le energie non sono infiniti.
No, non tolleriamo le altre oppressioni – oltre all’abilismo – nei nostri spazi online (ma purtroppo non riusciamo ad intervenire ovunque).

No, la voce delle persone non disabili non ha lo stesso peso di quella delle persone disabili sulle questioni di disabilità.

No, non partecipiamo a progetti con protagonisti i “disabili che ce l’hanno fatta”, o i “disabili con tanta forza di volontà”, secondo cui noi due saremmo “un esempio per le altre persone disabili che si scoraggiano”. Perché è tutta una questione di oppressione, di privilegio e di contesto, non di forza di volontà.

(ispirato a un post di Esperance Hakuzwimana)

[Maria Chiara]

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