Maria Chiara indossa una maglia nera a collo alto, jeans blu e anfibi neri e guarda di lato. Sullo sfondo, un giardino.

Il diritto all’assistenza personale è una questione femminista

C’è una questione femminista che molto raramente viene affrontata dal femminismo. Qualcosa che riguarda il controllo sul proprio corpo, la libertà, gli squilibri di potere, la possibilità di esercitare scelte e le pari opportunità – tutti punti cardine del femminismo.
La questione è che le persone non autosufficienti vengono segregate.

Alcuni paesi (tra cui Slovenia, Regno Unito, Paesi nordici, Stati Uniti) danno a chi ne ha bisogno dei fondi da gestire per pagare servizi specifici o assumere assistenti personali. Lavoratori a turni che ti supportano per tutto il necessario e rimuovono gli ostacoli. “Facilitatori” che accompagnano al lavoro in macchina, aiutano a vestirsi o cucinano per chi non può fare queste cose senza aiuto. In questi paesi cose come non riuscire a fare la doccia da soli o non riuscire a sollevare un cucchiaio non ti impediscono di istruirti, avere carriere brillanti (o meno), coltivare relazioni significative, partecipare alla politica ad ogni livello, avere una vita libera.

In altri paesi, come l’Italia, non c’è un vero diritto esigibile all’assistenza personale, e ci si arrangia e si fatica a stare con la testa fuori dall’acqua. Le persone non autosufficienti sono previste solo se segregate nelle strutture, dove in aggiunta all’abuso della mancanza di libertà proliferano gli abusi sessuali, fisici e psicologici. Le strutture sono l’unico diritto esigibile.
Per chi è fuori, ci sono sperimentazioni, progetti, bandi per avere un po’ di assistenza personale, ma non tutti ci rientrano e si sta sul filo del rasoio. Alcuni possono permettersi di assumere un solo assistente quando avrebbero bisogno di tre o quattro assistenti, molti hanno pochissime ore di assistenza rispetto al bisogno. Tanti devono pagarsi tutto di tasca propria. Quindi, se non sei autosufficiente e non sei molto ricco ti devono aiutare i tuoi familiari o i partner. E non importa neanche se sono abusanti, non hai scelta, lo Stato ha deciso che devi dipendere da loro per tutto e loro dipendere da te.

Molte persone non autosufficienti senza assistenza devono rinunciare a fare quello che gli piace o che gli serve, tipo frequentare l’università, andare al lavoro, frequentare la gente. Spesso le opzioni si riducono all’osso e l’unica possibilità rimane accontentarsi, fare solo le cose essenziali, uscire il minimo, accettare di perdere esperienze. Il tutto con continui aggiustamenti, sacrifici e massimizzazione delle poche risorse.

Le lotte per l’assistenza personale sono viste dalle istituzioni come recriminazioni di poco conto, facili da ignorare.
E poi è difficile riempire le piazze se hai assistenza sei ore a settimana e scegli di usarle per fare la doccia. Come fai a protestare se la tua priorità è capire chi ti aiuterà ad andare in bagno ogni mattina?
I media riporteranno bene le notizie o sarà la solita storia mielosa senza nessun accenno alla necessità di un cambiamento strutturale?

Ed è difficile anche perché abbiamo pochi alleati.
L’assistenza personale non è tema elettorale a livello nazionale, se non in modo blando e confuso.
Non è un tema affrontato dai movimenti per la giustizia sociale. Non è un tema incluso nei manifesti femministi, che sì, iniziano timidamente a fare spazio alla marginalizzazione di tutti i tipi di corpi, di accessibilità dei Pride e degli eventi. Tutte cose fondamentali, ma l’abilismo è anche, per una grande fetta di popolazione, segregazione e mancanza di controllo sul proprio corpo.

Difendere l’autodeterminazione sul proprio corpo dovrebbe includere il diritto all’assistenza personale per chi non è autosufficiente.

Affrontare la violenza domestica dovrebbe considerare anche la dipendenza fisica delle persone non autosufficienti dai propri partner abusanti, per cui lasciarli rasenta l’impossibile.

Parlare di abolire le prigioni dovrebbe comprendere anche l’abolizione delle strutture per persone disabili.

L’assistenza personale (o meglio, la sua mancanza) riguarda gli abusi e il potere ed è una questione anti-capitalista, dato che sulla segregazione delle persone disabili speculano in molti.

Che il problema sia ancora così grosso e irrisolto è possibile solo perché c’è una profonda e generale disumanizzazione delle persone disabili.
Informatevi sul tema. Pretendete insieme a noi una legge nazionale – finanziata – per il diritto all’assistenza personale, perché ancora non ce l’abbiamo. Chiedetela a chi vi chiede di essere votato. Aggiungete anche questa alle vostre lotte.

[Maria Chiara]

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