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Persone disabili e persone trans: discriminazioni comuni

Persone disabili e persone trans vivono percorsi diversi e discriminazioni diverse, eppure per certi aspetti le loro esperienze sono davvero simili. Ne ho raccolte alcune.

La difficoltà nel trovare lavoro

Una buona cartina tornasole del grado di inclusione di una minoranza è la facilità o meno nel trovare lavoro. Il problema dell’occupazione è enorme sia per le persone trans che per le persone disabili. Nessun’altra minoranza sperimenta un così alto numero di datori di lavoro che trovano scuse per non assumerli anche quando sono molto qualificati. Data la mancanza di altre opportunità, il sex work è una soluzione su cui ancora molti devono fare affidamento.

Gli sguardi

Il grado di civiltà di una società si può rilevare anche dalla quantità e dalla qualità degli sguardi che riceve una persona con un corpo visibilmente disabile o visibilmente trans a passeggio per strada: tra una strada di Londra e una strada di Roma la differenza è tangibile. Chiunque non sia conforme ad un modello “standard”, sperimenta commenti molesti da parte di persone più o meno estranee che rendono necessario sviluppare una vera e propria strategia per affrontare situazioni spesso assurde.

Una rappresentazione scorretta

È il problema principale per le persone disabili e quelle trans, perché la rappresentazione è al contempo sintomo e causa di una certa cultura: la narrazione mainstream su queste due categorie di persone è composta di informazioni errate, semplicemente non vere oppure distorte.

Si tratta di temi di cui si parla poco e spesso a sproposito, senza reali competenze: la narrazione è tuttora dominata da voci non disabili e non trans. È ancora considerato normale organizzare conferenze sulla disabilità o sulle questioni transgender dove a parlare sono solo “esperti” cisgender o non disabili. Allo stesso modo i diretti interessati non sono coinvolti nella creazione di film o altri prodotti artistici, mentre ad esempio la rappresentazione dell’omosessualità nel cinema è un po’ più aggiornata.

Così, i media continuano a diffondere stereotipi, alcuni dei quali vengono promulgati sia verso chi è disabile che verso chi è trans: l’idea di una vita tragica, l’idea di essere persone nate nel corpo sbagliato e quindi imprigionate nel proprio corpo. Entrambe le categorie vengono trattate con paternalismo, infantilizzate come vittime, normate.

Sono persone spesso rappresentate come “altro”, e non persone come tutti che lavorano, studiano, partecipano, amano.

Ignoranza negli ambienti “progressisti”

Il discorso mainstream purtroppo non è l’unico a non essere inclusivo, perché a volte i due gruppi incontrano difficoltà a trovare spazio anche in ambienti che mainstream non sono, come il femminismo o gli stessi circoli di giustizia sociale.

Anche qui varie persone disabili o trans sperimentano talvolta l’esclusione, e spesso si rendono conto che non è sufficiente un certo tipo di femminismo, cioè quello che non è intersezionale e che non è la battaglia di tutti verso una società più equa e inclusiva.

Anche negli ambienti “progressisti”, quando si parla di discriminazioni sociali verso i vari gruppi, spesso quella nei confronti della disabilità non viene nemmeno menzionata. Un altro caso eloquente è quello delle persone femministe che escludono le persone trans (TERF).

Non è raro trovare persone vicine al femminismo o alla sinistra progressista attente ai diritti e battagliere, che però scivolano nell’abilismo e nella transfobia, semplicemente per ignoranza e scarso senso critico.

Una presunta sessualità deviante

Un altro concetto purtroppo ancora diffuso che accomuna persone disabili e persone trans è quella di una sessualità deviante (come se poi ci fosse una norma nella sessualità). Spesso, nelle rappresentazioni dominanti, ad un corpo “anomalo”, come può essere visto un corpo disabile o un corpo trans, corrisponde una sessualità esasperata, oppure assente, ma comunque strana e profondamente “diversa”, e trattata con curiosità morbosa.

Focus sullo sguardo dei genitori

Ai media piace mettere in evidenza, in modo paternalistico, il dolore che queste persone avrebbero provocato alla famiglia, infilandosi nel privato ed esponendo con morbosità i dettagli medici. Si parla spesso del dolore causato ai genitori, delle loro aspettative tradite, di “lutti” simbolici da elaborare, e meno spesso delle battaglie dei figli – i diretti interessati – in un mondo non inclusivo. Permangono tutt’ora in certi casi le narrazioni di persone disabili e trans come vergogna e peso per la famiglia.

***

Non voglio fare una piramide degli oppressi, per carità, non è una raccolta punti e non si vince nessun premio. Però volevo riflettere su quanto i corpi non conformi (e per corpo intendo qui corpo e mente) ancora disturbano nella nostra società.

Più ci si avvicina a un “modello standard” di corpo, più si viene accettati dalla collettività.

Il vero problema non sono le persone non conformi, anche se spesso ci viene detto questo. Non esistono dei corpi “giusti”; esiste invece una società che sceglie (o meno) di informarsi, capire e accogliere.

[Maria Chiara]

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