
Quando si scarica la responsabilità delle oppressioni sociali sugli oppressi
Ci hanno insegnato a incanalare la responsabilità lontano da quelli che sono i più responsabili e verso quelli con meno influenza; via dal collettivo e verso il singolo.

Ci hanno insegnato a incanalare la responsabilità lontano da quelli che sono i più responsabili e verso quelli con meno influenza; via dal collettivo e verso il singolo.

Premio di qualsiasi natura che ci si concede per auto risarcirsi di ore perse dietro la burocrazia, ascensori non funzionanti, cose inaccessibili, assistenza non disponibile, e tutte le mail e telefonate che le persone non disabili non devono fare.

La situazione di chi ha una disabilità visibile e si trova per questo spesso al centro dell’attenzione, come se avesse una specie di “riflettore” puntato addosso.

La sensazione di sicurezza e comfort data dal poter contare su bravi assistenti personali con cui stai da tempo e che conoscono bene le tue necessità.

La sintonia e complicità euforica che può nascere tra due o più persone disabili, che siano amici o appena conosciuti, vicini o distanti mezzo mondo.

Ciao, sono Maria Chiara e nei prossimi giorni, sempre alle 18, pubblicherò quattro neologismi creati da me in modo arbitrario, riferiti a esperienze e sensazioni particolari legati all’essere disabile.

Un giorno alle elementari ero in classe, durante la lezione. Eravamo tutti chini sui quaderni e le finestre erano aperte. C’era odore di carta, evidenziatori e matite temperate.

Quest’estate mi stavo scapicollando a un evento. Ero in ritardo e il sole batteva forte.

I primi tempi che ero a Londra usavo molto un sito di scambi linguistici che mi matchava con persone di madrelingua inglese che volevano imparare o impratichire l’italiano.