
Un manifesto del nostro lavoro
No, non vogliamo essere coinvolte da giornalisti a cui le persone disabili interessano come storie commoventi di “coraggio” (e non certo come lettori e lettrici).
No, non vogliamo essere coinvolte da giornalisti a cui le persone disabili interessano come storie commoventi di “coraggio” (e non certo come lettori e lettrici).
È fantastico avere vicine persone il cui lavoro è in pratica essere attente alle tue necessità, persone specializzate nelle tue preferenze, con cui tocchi con mano che il consenso non è affatto cosa vaga ma deve essere sempre la priorità. E poi lo applichi a tutti gli aspetti della vita, come bonus.
Non è facile fare l’università da persona in carrozzina.
È ovviamente solo la mia esperienza, ma a me personalmente essere disabile ha permesso di essere più libera da alcuni condizionamenti sociali sul corpo.
Leggendo sui social mi capita di soffermarmi sui commenti – mannaggiammè – sotto post o articoli vari che parlano di disabilità. È più forte di me, devo leggerli, così come per un periodo dovevo leggere compulsivamente i post di Salvini, è un problema serio.
Essere disabile mi porta ad essere spesso arrabbiata. Tipo lo stereotipo della persona disabile dei film, ma non per i motivi dei film.
I giornalisti a volte ci fanno strane domande ricorrenti.
A volte le persone non disabili si vantano di “non vedere la disabilità”
Perché la Toscana stanzia più fondi delle altre regioni per l’assistenza personale? Perché c’è l’Avi Toscana.