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Gigi il Vincente

Oggi vi presento una tipologia particolare di persona disabile in carrozzina: Gigi il Vincente.

Una delle preoccupazioni principali di Gigi il Vincente è mostrare ai non disabili che lui NON È come gli altri disabili. Per questo obiettivo, si applica quotidianamente.

Gigi è riuscito ad “affermarsi” e a “realizzarsi” in qualche modo in un mondo che lo discrimina, e di base si crede più bravo degli altri: da qui il suo appellativo.

Gigi, dicevo, ci tiene tantissimo a differenziarsi dalle altre persone disabili.

Innanzitutto, ripete spesso innervosito che le persone non disabili “pensano che i disabili siano tutti uguali”, e invece per lui è importante specificare che lui – attenzione – ha una disabilità fisica, diversamente dalle persone con disabilità intellettiva. Queste ultime sono quelle per cui, secondo lui, sono accettabili in alcuni casi le strutture residenziali o altri tipi di “soluzioni” segreganti in ogni ambito della vita. Lo sentite spesso giustificare cose improponibili con frasi come “Eh, ma pensa ai disabili intellettivi!!”. Ah, e gli si scalda il cuore e gli vengono le lacrime appena una persona con disabilità intellettiva fa una minima cosa in autonomia. Già, proprio come alcune persone non disabili fanno con lui.

Inoltre, Gigi ci tiene a far sapere a tutto il mondo che lui è realizzato anche se è in carrozzina perché si è rimboccato le maniche, non si lamenta e ha molta forza di volontà, e quindi prende le distanze da molte altre persone disabili affermando che sono pigre e si piangono addosso. Non accenna alle discriminazioni sistematiche che lui e i suoi pari subiscono: probabilmente le vede ma forse preferisce non pensarci. Così come sembra ignorare che se lui fa più o meno quello che vuole della sua vita è anche perché vive in un contesto favorevole con una o più di queste caratteristiche: una famiglia che lo sostiene, buone condizioni economiche di base, politiche sociali decenti o anche “solo” una città non troppo inaccessibile.

Gigi il Vincente preferisce vivere nel mondo dorato delle favole dove le persone disabili raggiungono tutto se si impegnano abbastanza, e non perde occasione per raccontare dei suoi “successi”: ogni tanto ripete che fa sesso, ha una laurea, un lavoro, una ragazza, un sacco di amici “che nemmeno vedono la sua disabilità”. I suoi “successi”, tipo il fatto che fa sesso, non devono sfuggire alle persone non disabili, uniche vere interlocutrici da cui gli interessa farsi sentire, e ve l’ho già detto che fa sesso? Gigi mi ha detto di dirvelo.

***

Mi rendo conto che fare ironia su Gigi non è il modo migliore per affrontare il problema, ma per oggi mi è venuto questo.

Il comportamento che ho descritto deriva dal fatto che ci viene detto che la disabilità è una tragedia, una cosa brutta brutta brutta, preferibilmente da non nominare, che più distanziamo dalla nostra identità più siamo socialmente accettati, con tutti i benefici che ne derivano.

Sentire il bisogno di “vantarsi” di qualcosa che si è fatto buttando giù altri che non l’hanno fatto, o distanziarsi da altre persone disabili definite “più gravi”, è semplicemente un modo di affrontare le discriminazioni. Pessimo, ovviamente, perché la discriminazione è uguale per tutta la categoria, ed è controproducente – oltre che crudele – fare differenziazioni interne.

[Maria Chiara]

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