poster col volto di Mika e "mar 26 novembre 2019, PalaPrometeo Ancona".

Prima del concerto di Mika

È una rottura di scatole, eppure eccomi qui, di sabato pomeriggio, a scrivere un altro post sull’accesso ai concerti. A quanto siamo, al terzo? Al quarto?

Il 26 novembre devo andare a un concerto di Mika al PalaPrometeo di Ancona. Dato che le gradinate ovviamente non sono accessibili alle persone in carrozzina, io voglio stare nel parterre. Ma alle persone disabili non è permesso stare nel parterre, solo in posti specifici e laterali.

Per una persona non disabile bastano pochi click su Ticketone: tenendo conto del prezzo, ti scegli il posto. Poi non ci pensi più, finito, ti resta solo di andare al concerto.

Per una persona disabile prenotare un posto in un palazzetto prevede il fornire un certificato medico. Per forza, in barba alla privacy. E poi ti assegneranno dei posti da cui vedi solo parzialmente e da lontano, in cui devi stare per forza. Non hai un vero accesso allo spettacolo, perché tutto l’accesso a cui puoi aspirare si limita a una visuale ridotta, spesso coperta da sbarre. Non hai opzioni: o nei posti dedicati o niente.

Molti miei amici disabili non vanno più ai concerti perché non ne vale la pena.

Se scegli di provare a andarci, l’ansia ti attanaglia lo stomaco per i giorni precedenti: riuscirai ad stare in un posto decente, o no? Nella maggior parte dei casi, no.

Chiedo: quando esattamente è diventato accettabile che una parte di pubblico di default non veda lo spettacolo?

Non solo dare dei posti che fanno schifo sulla base dell’identità sociale delle persone non è etico (ché dai, l’etica, ma chi se ne fotte?), ma anche – e forse questo è più interessante per gli organizzatori – perché è perseguibile per legge:

“Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.” (legge 67/2006)

Ho avuto un breve scambio di email con l’organizzazione, ma hanno smesso di rispondere quando ho messo in copia il mio avvocato.

C’è un eclatante doppio standard per cui è normalizzato il fatto che alle persone disabili sia fornito un servizio inferiore. Viene fatto passare che va bene che ci sia una separazione spaziale e qualitativa tra le persone non disabili e quelle disabili. Spazi separati tra bianchi e neri, vi ricorda qualcosa?

Possiamo risolvere questa cosa direttamente il 26 novembre, con tutti i casini di sorta, perché nel mio gruppo ci sono altre persone disabili a cui non sta bene il posto segregato. Ma è meglio per tutte le parti coinvolte risolverla adesso.

Quindi chiedo a chi mi legge di scrivere, per favore, a questa email info@barleyarts.com un testo del genere:

“Le persone disabili ai concerti hanno diritto a scegliersi un posto, a non essere segregate in posti specifici e a non venire forzate a disseminare informazioni mediche. Vi chiedo di fare in modo di non causare ulteriori discriminazioni, peraltro perseguibili in via legale.”

È molto utile anche che condividiate questo post. È una rottura di scatole, ma pensate a quanto lo è per le persone disabili ogni santa volta che vogliono andare a un concerto. Una rottura di scatole epocale.

Alle persone disabili, vi invito a postare nei commenti le foto delle visuali ridotte ai concerti in cui avete dovuto subire la violenza dei posti segregati.

Grazie a tutti!

[Elena]

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