Quest’estate mi stavo scapicollando a un evento. Ero in ritardo e il sole batteva forte. La via che percorrevo era bella asfaltata, una colata grigia, e non c’era praticamente nessuno in giro. Tutti morti per il troppo caldo probabilmente.

Andare velocissima con la carrozzina su una superficie liscia è una sensazione gloriosa: dato che sulla mia carrozzina sto distesa, poi, poco ci manca che mi senta su un tappeto volante.

Cerco sempre di individuare la via più liscia. Il Liscio è il bene, il Dosso è il male. Il Liscio è una pista di pattinaggio, è tutto il mondo ai tuoi piedi; i sanpietrini e ogni pavimento sbruzzoloso sono origine di nausea e dolori intramuscolari. Il Liscio è il Liscio.

Ma la liscitudine e l’ebbrezza della velocità non possono durare per sempre, figuriamoci. Specialmente se hai fretta, quando la Legge di Murphy ce la metterà tutta per porre ostacoli sul tuo cammino; e infatti ho visto profilarsi in lontananza una linea grigio scuro che – da più vicino – si è rivelata essere un lungo dosso che somigliava vagamente a un punto di collisione tra placche tettoniche. Attraversava la via da una parte all’altra, quindi bisognava per forza passarci sopra. Ok, nessun problema. Bastava andare piano.

Ho frenato e poi sono ripartita lentamente, abbordando quel coso con una guida dolce. Il dosso era bello presente, ma finché andavo piano era tutto più o meno a posto. Ruota sinistr… Destr… Ero a metà. A metà del dosso mi è venuto addosso un calabrone. A giudicare dalla stazza, era un vespone dopato che stava andando a una competizione clandestina di lancio del peso per insetti. Io ho un brutto rapporto con le cose che volano e pungono, sicuramente da quella volta che un’ape quando ero piccola fece il girotondo intorno al mio piede nudo che penzolava dal seggiolone.

Braccata da un calabrone e con due ruote su e due giù, ho detto una parolaccia che iniziava con porca.

Dico “detto” perché è più elegante di “ho urlato con voce gutturale” e mi fa sembrare una persona più matura ed equilibrata. Ora, non è che fosse una bestemmia, ma era comunque una parolaccia poco carina e appropriata da urlare senza motivo apparente in mezzo all’ara.
Immediatamente dopo, manco fosse stata evocata dalla parolaccia, ecco spuntare una persona che conoscevo in ambito lavorativo: mi ha salutato sorridendo.

Due secondi dopo, mi si è stagliata davanti la preside della mia vecchia scuola di tanti anni fa, che mi ha salutato calorosamente.

Cioè, non c’era un’anima un secondo prima. Tutti attirati dalla parolaccia mia?

[Elena]

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