un'illustrazione stilizzata che rappresenta un macaron verde con occhi e bocca, con aria supponente e un fumetto che dice "Dai, no?!"

La briciola

I primi tempi che ero a Londra usavo molto un sito di scambi linguistici che mi matchava con persone di madrelingua inglese che volevano imparare o impratichire l’italiano. Era un sito ben fatto, con pochi fronzoli e tanta scelta, anche se ovviamente c’era chi lo intendeva direttamente come un Tinder più elegante e voleva sì allenare la lingua, ma non nel modo inteso dal sito.

Io ero appena uscita dalle superiori con un inglese che aveva un bel margine di miglioramento, in particolare a livello di speaking, ed era bello avere uno spazio in cui fare figure di merda in libertà e sfruttarle come occasione per imparare. In genere ci si vedeva in un bar o in un parco e si parlava un po’ in una lingua e un po’ in un’altra. Così mi esercitavo a manetta nei vari accenti, nello slang e a diventare più sciolta.

Un giorno mi incontrai con un ragazzo nuovo in un caffè. Ormai quel bar per me era tappa fissa perché faceva una buonissima cioccolata calda. Una buona cioccolata a Londra per la mia esperienza è difficile da trovare, e a livelli traumatici, perché di solito è disponibile solo una broda che sembra latte col Nesquik con retrogusto di cartone e troppo zucchero. Ma, appunto, avevo beccato questo bar in cui la cioccolata era la perfezione: densa e amara, ma al contempo abbastanza liquida da passare attraverso una cannuccia senza intopparsi e quindi senza che dovessi fare una fatica boia a berla.

Il ragazzo aveva una trentina d’anni e un italiano piuttosto buono. Ci mettemmo al tavolo e io mi presi dei macaron. Non ricordo esattamente la conversazione, ma i nostri livelli erano entrambi abbastanza alti da permettere una chiacchierata fluida e divertente.

Se non fosse che ad un certo punto lui mi chiese perché ero disabile. Ai tempi mi chiamavo ancora Sant’Elena Colei che è Paziente e Misericordiosa, e rispondevo educatamente agli estranei che me lo chiedevano. Ora per esempio non lo faccio più.

Mi preparavo a rispondere qualcosa di super sciallo e gentile, ma il macaron che avevo appena addentato volle diversamente.

Giuro che non c’entrava la domanda, ma improvvisamente mi si incastrò un frammento di macaron in un punto imprecisato nei dintorni della faringe, non mi ricordo bene come siano messe le cose da quelle parti. Mi andò di traverso. Niente di rischioso per la mia vita, la briciola era minuscola, ma abbastanza per farmi bruciare la gola e over produrre saliva.

Iniziai a tossire, ma io tossisco, diciamo, come un gattino neonato, e non credo fosse un rumore percepibile col brusio del bar in sottofondo. Mi iniziarono a lacrimare gli occhi. Tanto. Grosse lacrime che cadevano sul cuscino. In tutto questo la mia capacità di parlare si era strozzata insieme al macaron.

Il ragazzo aveva chiesto scusa, si era immobilizzato e appariva desolato, pentito di aver fatto la domanda. Stava palesemente pensando che mi fossi messa a piangere per quella. Cazzo. Mi indicai la gola e feci un sorriso tra le lacrime, ma lui non capì. Aveva la faccia di uno che sembrava pronto a mettersi in ginocchio sui ceci, e io con un sorriso che voleva essere rassicurante ma che era uscito sforzatissimo non avevo migliorato la situazione.

Poi finalmente riuscii a parlare. Iniziai a dire “no no, tranquillo, è che…” quando mi resi conto che non sapevo come si dice “mi è andato di traverso” in inglese. Niente, tabula rasa. Passai il minuto successivo a cercare disperatamente di farglielo capire, o a cercare una perifrasi che non mi veniva in mente. Quando lo capì fece un mega sospiro di sollievo, rilassando le spalle.

Comunque si dice “it went down the wrong way”, non me lo scordo più.

[Elena]

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