un'illustrazione stilizzata che rappresenta due scalini. Con un fumetto, gli scalini dicono "Esperiscici".

La fisica? Cos’è, si mangia?

C’è una stanza a casa mia che è da sempre “La Stanza dei Giochi”, perché era dove giocavamo spesso da piccoli. Negli anni è diventata la stanza jolly in cui si fa un po’ di tutto, ma il nome è rimasto quello. Una cosa molto interessante della stanza dei giochi è che teniamo lì la maggior parte dei libri.

Per scendere dalla stanza dei giochi alla sala ci sono due scalini.

A quattro/cinque anni avevo una carrozzina manuale giallo fosforescente, bellissima, scelta con cura tra tantissime candidate. I corrimani delle ruote ancora lisci, con la vernice nera integra e senza graffi, le spondine delle gambe scintillanti come fulmini, la cintura lucida… e poi vabbè, il poggiapiedi a cui ancora non arrivavo bene.

Ero in quella stanza e mi stavo tranquillamente sniffando i libri, quando mi cadde l’occhio sugli scalini a due metri da me e mi sorse una domanda, e che domanda! Mi chiesi che cosa sarebbe potuto succedere se mi fossi lanciata dagli scalini.

Oh, ognuno c’ha le sue curiosità.

Posso assicurare che non avevo istinti suicidi o anche solo autolesionistici. Non mi sentivo assolutamente attirata dagli scalini come quei furboni dei protagonisti dei film horror sono attratti dal pericolo, o come La Bella Addormentata è attratta da quella cazzo di lucina verde madonna quanto fa paura quel pezzo. Non mi stavo neanche annoiando, perché accarezzare voluttuosamente i libri è un’occupazione di tutto rispetto.

Era davvero una domanda pacata tra me e me, una curiosità genuina. Si profilava la necessità di compiere un esperimento scientifico.

L’idea che non fosse possibile prevedere il risultato di una carrozzina manuale che si lancia dagli scalini, e che fosse invece indispensabile esperire concretamente la cosa, purtroppo dà la dimensione di quanto sarei andata male in fisica dodici anni dopo.

Mi piazzai davanti agli scalini, perpendicolare, facendo attenzione a mettermi perfettamente dritta. Per ottenere rigore scientifico è necessario seguire attentamente il procedimento, quindi allineai le ruote al millimetro e feci tutto ciò che è necessario per diventare una ricercatrice della Nasa.

Le maestre dicevano che ero una bambina brillante e di lì a poco mi avrebbero proposto di fare la primina: erano molto simpatiche, ma evidentemente ignare.

Sapevo che un bel lancio fatto bene prevedeva sempre una rincorsa, così presi la rincorsa andando un po’ indietro con la carrozzina e tendendo al massimo le braccia all’indietro sulle ruote, per massimizzare l’incombente spinta propulsiva. Ora che ci penso, l’idea di superare gli ostacoli con la carrozzina potrebbe aver fatto di me la precursora di Aaron Fotheringham! O una wannabe donna cannone.

E così mi buttai dagli scalini. E non ero Aaron Fotheringham. La successiva cosa che ricordo sono io per terra sul pavimento della sala, a pancia in giù. Il mio campo visivo consisteva principalmente di mattonelle beige, enormi a causa della distanza ravvicinata.

La carrozzina era a un metro da me, vicino al camino. Ci siamo separate in volo? O l’impatto mi ha sbalzato fuori? Non saprei proprio.

Ricordo che mio padre raccolse me e che mio fratello raccolse la carrozzina. Ero perfettamente integra e non mi faceva male nulla.

Per farla breve, sì, mi sono deliberatamente buttata dagli scalini (fortuna che erano solo due), ma era per la Scienza.

[Elena]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Archivi
Categorie