Alcuni individui, quando incontrano per la prima volta (e non solo) una persona disabile in carrozzina, vengono colti da un improvviso e inspiegabile blocco cerebrale.
La loro mente va in confusione e si complicano la vita con azioni e parole assurde, ignorando beatamente quella che sarebbe la soluzione più semplice, ovvero comportarsi come si comporterebbero con tutte le altre persone.
Di fronte alla situazione imprevista del vedere una persona che si sposta sulle ruote, scatta a quanto pare la rotella della stupidità, con conseguente messa in scena di situazioni più o meno imbarazzanti. Ecco dieci perle selezionate con cura tra le nostre esperienze ma allo stesso tempo piuttosto ricorrenti, dieci cose che nessuno si sognerebbe mai di fare con una persona non disabile.
1. Il “pat-pat” sulla testa
Odiatissimo e temuto da molti disabili in carrozzina – specialmente se dimostri meno della tua età – può arrivare nei momenti più inaspettati da parte delle persone più svariate. Dalla vecchietta che pensa che tutti i disabili siano angioletti all’amico dei tuoi genitori che ti vede una volta all’anno, dalla commessa intraprendente che ti vede come una bambina all’uomo in giacca e cravatta che dà la mano a tutti quanti e riserva a te questo trattamento speciale. Non importa se hai quindici o venticinque anni, questo metodo di saluto è decisamente popolare. Se la contende di brutto con il buffetto sulla guancia.

2. Non si parla di fidanzat@ con le persone disabili
Ogni tanto capita. Un’amica di famiglia vi viene a trovare e chiede di essere aggiornata su tutte le novità, fidanzate comprese. Dei tuoi fratelli, ovviamente, sorvolando su possibili fidanzati tuoi e di tua sorella.
Una parente che non vedi mai si sposa e dice ai tuoi fratelli che ovviamente eventuali fidanzate sono invitate… E a te non lo dice, invece.
Una prozia si informa curiosa della situazione sentimentale dei nostri fratelli, chiamando me ed Elena ad essere complici nelle sue considerazioni maliziose. E noi due stiamo al gioco, anche se in testa ci passa lo stesso pensiero, ma in un attimo si è già passati all’argomento successivo.
L’atteggiamento è sempre quello di chi pensa che chiedere a una ragazza in carrozzina se ha il ragazzo sia sensato quanto chiedere la stessa cosa a una bambina di cinque anni. La gente presente nella stanza ovviamente si metterebbe bonariamente a ridere o ti guarderebbe sconcertata, no?
Ovviamente.
3. Gente che si rivolge all’accompagnatore/assistente
Dal medico, nei negozi, in banca… può succedere praticamente ovunque.
La scenetta è la seguente, le dinamiche sono più o meno sempre le stesse:
Personaggi: io, un qualsiasi accompagnatore che mi spinge, un commesso.
Commesso (rivolto all’accompagnatore): Salve!
Io e l’accompagnatore: Salve!
Io: Avete delle lampade alte da terra?
Commesso (un po’ confuso di sentire la mia voce, perché si aspettava che parlasse l’accompagnatore, che invece se ne sta muto): Come?
Io: Avete delle lampade alte da terra?
Commesso: (ancora leggermente stupito, rivolto all’accompagnatore): Intende una lampada lunga o un’abat-jour?
Io: Una lampada lunga. Qualcosa che illumini il più possibile la stanza.
Commesso (all’accompagnatore): Sì, venga, gliela faccio vedere (seguito da un’occhiata stranita verso di me. Sta iniziando a chiedersi se sia il caso di iniziare a parlarmi. E infatti si rivolge a me): Da quanti Watt deve essere la lampadina?
Io (felice e soddisfatta): Da 100 watt.
Commesso: (di nuovo all’accompagnatore. É troppo più facile parlare con lui, dovete capirlo, si è già sforzato abbastanza): Questa può andare bene?
Io: Sì, ma la preferisco grigia.
Commesso (che comincia a sentirsi vagamente infastidito da questo individuo che sta lì impalato e non risponde alle sue domande): Questa viene 20 euro.
Io: Ok, la prendo.
L’accompagnatore paga alla cassa. Tutti salutano.
EXIT io e accompagnatore.
FINE.
Dai, devo essere obiettiva: a livelli così estremi succede quasi esclusivamente con persone molto anziane e/o tarde. Del resto non dovevano essere molte le persone in carrozzina che uscivano a fare spesa nella prima metà del ‘900.
4. Gente che si stupisce del fatto che sai parlare
Ebbene sì. Strettamente collegata alla precedente (che a volte ne è la naturale conseguenza), anche questa è una piaga che però non manca di fornire innumerevoli spunti comici. Rispunta fuori quando meno te lo aspetti sotto forma di vecchiette intraprendenti, negozianti (vedi sopra) e insegnanti lobotomizzati. Altri potrebbero accettare senza problemi il fatto che possiedi la capacità di comunicare e stupirsi del passo successivo, cioè del fatto che sai fare un discorso compiuto, o addirittura complesso. Qualcuno potrebbe anche rimanere senza parole.

5) Problemi di altezza…
A volte le persone non si rendono proprio conto che mentre parlano con qualcuno in carrozzina sarebbe un gesto gentile non dico sedersi alla stessa altezza (cosa che per colloqui prolungati è decisamente auspicabile) ma almeno abbassarsi un po’ per evitare che lui/lei debba allungare il collo in modi improponibili. Anche solo assicurarsi di essere nel campo visivo della persona con cui si sta parlando sarebbe un passo importante. Troppe volte mi ritrovo a parlare con la gente fissando loro la pancia. Eh sì, perché la faccia non gliela vedo proprio, da come si posizionano. Sempre meglio, comunque, che parlare con il cavallo dei pantaloni di qualcuno particolarmente alto, in particolare quando quest’ultimo si avvicina per parlare con il mio accompagnatore. Non è proprio un’esperienza augurabile: la scelta di solito è tra fissarmi le ginocchia e guardare con noncuranza a destra e a sinistra.
6. Etero, omo e disabil-sessuali!
Continua ad essere molto radicata l’idea che i disabili fanno gruppo a sé, o se non lo fanno, che vorrebbero farlo. Che si cercano tra loro.
Ogni tanto rispunta fuori. Una volta una mia assistente mi ha esortato a conoscere una ragazza in carrozzina che abitava nel mio stesso collegio universitario, e mi ha detto con candore che saremmo potute anche “diventare amiche”.
Da quella stessa assistente mi sono vista fare cenni e ammiccamenti maliziosi in direzione di un ragazzo in carrozzina seduto ad un tavolo della biblioteca.
Avrete capito che questa persona non aveva esattamente i requisiti dell’assistente ideale, e che si tratta di un caso abbastanza limite, ma vi assicuro che riflette una concezione molto diffusa (con le dovute varianti): chi è in carrozzina cerca sempre i suoi “simili”, e trova irresistibilmente attraenti le altre persone in carrozzina. A volte mi chiedo se qualcuno pensa che apparteniamo ad un orientamento sessuale a sé stante.
7. Visite inaspettate
Un’altra concezione diffusa è quella per cui la persona disabile media ha pochi – o nessun – impegno durante la giornata, che sta quasi sempre a casa e che non ha nulla da fare. Di conseguenza non è necessario che eventuali visitatori si annuncino.
Da disabile, noto che capita spesso che i conoscenti più superficiali, i parenti più lontani e in generale nelle visite di cortesia – tipo quelle durante le feste – ma purtroppo qualche volta anche gli amici meno stretti, decidano di fare un salto senza avvertire, scombinando inevitabilmente i tuoi piani per la giornata. E qualcosa mi dice che la cosa è meno frequente con i non disabili.
Agognavi da tempo quella mattinata tutta per te per mettere ordine tra le tue carte che ormai rischiano di soffocarti? Ed ecco che vedi un sms che mezz’ora prima ti eri persa: “Sono Giovanna, tra poco passo a casa tua per un saluto!”. Hai deciso di utilizzare il primo pomeriggio libero dopo la sessione estiva per vedere quel film che aspettavi da un mese? Tempo dieci minuti dall’inizio del film ed ecco che bussano alla porta. Ovviamente le abituali “scuse” dell’ospite che arriva all’improvviso te le puoi anche scordare.
Lo so che in alcuni paesi dove l’ospitalità è sacra non è neanche contemplata l’idea che l’ospite dia un colpo di telefono prima di arrivare. E a volte mi ritrovo ad ammirare questo modo di fare che la nostra società egoista e più attenta alla produttività che alle persone ha ormai dimenticato.
Il punto è che io vivo in questa società, e quindi, semplicemente, mi aspetto un certo comportamento piuttosto che un altro. Solo che a quanto pare con chi è disabile non valgono sempre le stesse regole.
So anche che le persone disabili non hanno il monopolio delle visite a sorpresa, e che un ospite invadente sarà invadente con chiunque, e seguendo questo ragionamento mi sono anche ritrovata a farmi domande, a dirmi che forse sono intollerante, misantropa e perfino paranoica.
Ebbene, purtroppo ho avuto la conferma che invece c’è un problema culturale alla base e la mia insofferenza è del tutto giustificata. Un parente progettava di venirci a trovare sotto Natale e se ne è uscito con: “Tanto voi siete sempre in casa, no?”

8. Il baby-talk
Secondo la mia esperienza è piuttosto frequente, quando si gira per negozi con una carrozzina, essere salutati dai commessi con l’allegria forzata e il sorriso sloga-mascella di chi saluta un bambino di quattro anni che entra in un negozio con la mamma. Non si discosterebbe molto dal modo di fare della maggior parte dei commessi, se non fosse che a tutto questo si va ad aggiungere l’inconfondibile tono cantilenante riservato agli infanti (e a cui sono vagamente allergica anche in generale). É complice, probabilmente, il mio aspetto da ventitreenne-che-dimostra-a-malapena-vent’anni; forse è qualcosa che capita solo ai più giovani (qualche uomo di mezza età in carrozzina può confermarmi o smentirmi questa teoria?). Fatto sta che una buona metà dei commessi dei negozi e degli impiegati pubblici, più qualche estraneo random, tendono a rivolgermisi con una familiarità affettuosa che è probabilmente parente del “pat-pat” sulla testa (vedi punto 1).
9. Giù le mani dalla carrozzina!
Questo è presente anche negli approssimativi “galatei” su “come comportarsi con le persone disabili” che si trovano su internet. Anche se non sono d’accordo con una delle cose che vengono ripetute più spesso (io non considero la mia carrozzina come un prolungamento del mio corpo, ma solo come una sedia comoda provvista di ruote), condivido il principio secondo cui non è educato toccare senza motivo la carrozzina di un estraneo – attenzione, non parlo di amici o conoscenti.
Non so perché, ma la mia carrozzina diventa, specialmente in situazioni di folla (ad esempio all’uscita da una Messa), ma non solo, qualcosa a cui i vecchietti (ma non solo!!) si appoggiano mentre cercano faticosamente di uscire. Qui i problemi sono due:
- La mia carrozzina è leggerissima e se qualcuno ci si appoggia con tutto il suo peso rischio di ribaltarmi (è già successo, e ogni volta che sento un tocco pesante sui manubri perdo sostanzialmente un anno di vita).
- Ma dico, le persone si appoggerebbero con la stessa noncuranza sulle spalle di un estraneo? Perché la sensazione é esattamente quella. (Allora forse, dopotutto, la considero un po’ un’estensione del mio corpo… 🙂)
10. Il disabile, ovvero il pacco.
A volte è come se stare in carrozzina ti faccia perdere in qualche modo, agli occhi di molti, la capacità di autodeterminazione. Non riesci a muoverti da sola? Ecco che proliferano le allusioni a te come se fossi una sorta di “pacco”; per esempio è altamente probabile che un conoscente di mia madre le si rivolga mentre mi accompagna dal dentista e chieda: “La porti a fare una passeggiata?”
Se gli altri devono spingerti la carrozzina, per qualche arcana ragione di punto in bianco acquisti passività peggio di una bambola di pezza.
[Maria Chiara]
