Aldous Huxley e l’eugenetica

Quando ho letto “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley l’ho adorato. Ero nel mio periodo distopie, in cui cioè mi intrippavo a leggere (e scrivere) distopie. “Il mondo nuovo” era scritto benissimo e mi aveva proprio colpita, nei tantissimi dettagli sulla nuova società era credibile e praticamente perfetto. Arrivata alla fine ho continuato con “Ritorno al mondo nuovo”, che era nello stesso volume e che consiste in una serie di saggi. Se possibile, mi piacevano ancora di più del romanzo, era un tesoro inaspettato, ero gasatissima.
Se non fosse che… In uno dei saggi c’era improvvisamente un bel paragrafetto in cui si esprimeva un concetto eugenetico. Eccolo lì su una pagina a destra, un fulmine a ciel sereno. La Elena quattordicenne ha fatto una pausa, non credendo bene a quello che stava leggendo. Le frasi rimanevano lì, non sparivano, mannaggia. Forse è stato in quella occasione che ho imparato a mandare giù la pillola amara che pure i tuoi autori preferiti possono essere abilisti.

[Elena]

Descrizione prima immagine: il libro in questione su un ripiano di marmo grigio, accanto a un vecchio orologio color oro. Stralcio nella seconda immagine: “E che dire degli organismi insufficienti per condizione congenite, che la medicina e i servizi sociali oggi salvano e lasciano proliferare? Aiutare gli infelici è bene, indubbiamente. Ma non meno indubbiamente è male trasmettere interi ai nostri posteri i risultati di mutazioni negative; come è un male la progressiva contaminazione del fondo genetico a cui dovranno attingere i membri della nostra specie. Siamo presi fra le corna di un dilemma morale: per trovare la soluzione occorrerà tutta la nostra intelligenza, tutta la nostra buona volontà.”

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