Un giorno di vari anni fa mi sono messa a scrivere di disabilità su internet. Ciò che scrivo si riconduce principalmente all’idea (sembrerebbe) tremendamente radicale per cui le persone disabili non dovrebbero essere oppresse. Da allora arrivano sotto i post vari commenti, alcuni rilevanti, altri, in numero minore, no.
Tra i commenti non rilevanti c’è un concetto che ogni tanto si ripresenta, quello che più o meno dice: “Eh, tante belle parole ma se tu potessi scegliere non sceglieresti di essere disabile, no? Uahuahuah! La disabilità è una condizione indesiderabile, smetti di implicare il contrario”.
Un’osservazione, una domanda retorica, che mi sa di “Aha! Beccata! Tutto ciò che dici non ha valore perché c’è un’illogicità di fondo!”.
E così mi si propone una scelta che non esiste, perché è impossibile, fuori dalla realtà. Rimane uno sterile tentativo di delegittimare le persone disabili che dicono che la loro vita non è indesiderabile.
Però oggi ho deciso di rispondere, come se fosse una domanda che vorrebbe davvero una risposta.
Ok, praticamente arriva il genio della lampada e mi dice: “Ciao, io posso fare solo una cosa, e cioè renderti non disabile. Sì o no?”
“Ah cioè, non ti si può più chiedere qualunque cosa tranne poche eccezioni tipo far innamorare e far resuscitare i morti?”
“No no, non posso fare un c@zzo, solo una cosa una, renderti non disabile”
E io lo guarderei, e direi con un grande male al cuore:
“Ok, sì”
Lo farei perché vorrebbe dire fuggire dall’oppressione. Per esempio: non dovermi più preoccupare di pagarmi l’assistenza per vivere, e stiamo parlando di bisogni essenziali tipo mangiare e uscire di casa, che in Italia non sono diritti. Poter prendere un aereo senza essere maltrattata, potermi muovere nelle città e entrare nei luoghi, assistere ai concerti senza avere il tizio della security che mi dice che devo andare indietro, indietro, indietro. E anche non avere il commesso random che evita il mio sguardo non sarebbe male, ché sembra una cosa piccola, metti su una scorza, ma a una certa ti rompi i c0glioni.
Farei volentieri a meno dell’oppressione.
E se fosse l’unico modo accetterei un corpo non disabile come scotto necessario, perché non ho nessun desiderio di un corpo non disabile. Cambiare me stessa, il mio corpo, è proprio l’ultima cosa che farei. Ma se è l’unica cosa che mi si offre, ok.
Volevo chiedere al genio se davvero non può fare nient’altro, per esempio, davvero non puoi rendere più locali accessibili? Sono talmente abituata allo schifo che me ne basterebbero solo un po’ di più. Guarda come sono sottona, eddai, manco tutti accessibili, un po’.
Oppure rendimi cittadina norvegese, così perlomeno dovrei avere l’assistenza che mi serve. Però accidenti, che strazio dover lasciare tutto… Puoi trasportare in Norvegia tutte le persone non autosufficienti italiane e le nostre famiglie e amici?
Oppure mi rendi semplice andare nella natura? Che tipo, andavo nella natura più a Londra che nelle Marche perché nelle Marche devo fare cinque telefonate per scoprire se un singolo sentiero è accessibile alle carrozzine, e comunque “forse”.
Mi togli dai piedi tutto lo staff zelante che agli spettacoli mi costringe a stare segregata, mi cambi anche il passato traumatico in cui ho dovuto scegliere il singolo amico con cui stare nel mio posticino segregato?
Mi togli da sotto gli occhi la comunicazione della politica, istituzionale e non, che cita la disabilità per fare il compitino, e si vede distante cinquantamila miglia che non gliene frega e non ne sa un accidente? Gli riempi i buchi abissali di conoscenza e interesse sull’argomento?
Mi rendi possibile usare l’aereo senza che un pugno di str0nzi (sostenuti da un intero sistema) decida che non posso salire o mi distrugga la carrozzina? (Già che ci metti le mani vorrei degli aerei non inquinanti, grazie!) Fammi annoiare all’aeroporto e fammi fare le storie su Instagram su quanta attesa c’è invece che farmi litigare ore coi responsabili per poter salire sul volo (che ho pagato doppio, perché anche il biglietto per l’assistente).
Mi vagli i medici prima che ci vada io per evitarmi quelli che mi dicono di default che ho il problema tot perché sono disabile?
Mi ridai tutto il tempo speso a tamponare gli effetti dell’oppressione? Dovrebbe essere qualche annetto.
Queste sono alcune cose che vorrei. Non “essere non disabile”.
Ma se tutto ciò che mi offri è essere non disabile, che ti devo dire, ok.
Però senti, facciamo le cose per bene, fammi anche diventare un uomo, così non devo manco più preoccuparmi della misoginia (però per carità non mi fare col pizzetto ché non mi piace).
Interessante come soluzione immaginaria, quella per cui, in una realtà oppressiva, devono cambiare le persone oppresse. Del resto cambiare se stessi è l’oppressione al suo massimo splendore, che mi aspettavo?
[Elena]
Dai commenti di Fb:
Ciao, dopo aver letto alcuni commenti in giro sul post in questione volevo fare un paio di considerazioni:
- Alcune persone hanno capito dal mio post che è sbagliato voler non essere disabili, non avere determinati sintomi, o avere determinati desideri relativi alla propria disabilità. Ovviamente non lo penso nella maniera più assoluta e mi dispiace che alcune persone ne siano rimaste ferite.
Credo che l’ultimissima frase del post (“cambiare se stessi è l’oppressione al suo massimo splendore”) sia stata erroneamente slegata da tutto il resto del post e abbia così creato dei dubbi.
Con quella frase intendevo esprimere il concetto che l’oppressione allontana dall’espressione profonda e autentica di se stessi, NON che una persona che sceglie di cambiare qualcosa di sé è abilista o in qualche modo sbagliata.
Questa era sicuramente la cosa che mi premeva dire, dato che capisco che il tema può essere triggerante.
In secondo luogo, sottolineo alcune cose:
- Ci sono state persone che hanno pensato che il succo del discorso fosse: “Se ne avessi la possibilità, sceglierei di essere non disabile?”. Non era affatto questo il nocciolo. Tra l’altro messo così secondo me sarebbe un quesito che non è utile a nessuno. Per me è sconcertante che malgrado un lungo preambolo in cui si delineava un preciso contesto (chi non si ricorda rilegga il post) si sia semplificato così tanto.
Inoltre alcune persone hanno pensato parlassi in modo universalistico, “forzando” (?) sul mondo intero il mio punto di vista. Questo su un post scritto in prima persona.
Chiediamoci perché nel momento in cui una persona disabile va contro l’idea più diffusa, che è quella secondo cui le persone disabili per forza vogliono diventare non disabili (in sociologia si chiama “compulsory able-bodiedness”), la si vede come un’imposizione.
È successo davvero che Elena, ‘sta scemotta, una mattina si è svegliata, ha posto un quesito inutile al mondo e contemporaneamente vi ha imposto qualcosa… oppure state proiettando qualcosa di vostro?
Per quanto riguarda invece le persone che credono che nel mio ragionamento nel post io non sia sincera, e che in realtà alla prima occasione zac, diventerei non disabile, be’, il post probabilmente era per voi.