Durante i riarmi, le persone disabili sono tra le prime a soffrire

In queste settimane si sta parlando di riarmo, con tanto di cantanti che provano a propinarci la balla della superiorità europea. Ma chi ne beneficia davvero? Non la grandissima maggioranza delle persone, questo è certo.

Con un riarmo europeo, le persone disabili sarebbero tra le prime a soffrire.

Sia ben chiaro: quello che viene smantellato per fare posto alle armi (cosa che avviene da anni) è qualcosa di cui le persone disabili NON possono fare a meno. È qualcosa che costa e costerà le vite (sì, le vite) di tantissime persone disabili. La sanità pubblica ha salvato la vita a molti di noi; una parvenza di stato sociale è ciò che ci ha permesso di vivere fino ad ora.

Da persone disabili, non crediamo alla storiella, che si ripresenta ciclicamente nel corso della storia, per cui dovremmo fare “qualche sacrificio” per difenderci dai nemici. Non ci abbiamo mai creduto.
Noi che aspettiamo sei mesi per una visita medica, noi che ci vediamo togliere sempre più servizi sanitari vitali, che finiamo segregati nelle strutture perché “non ci sono i soldi” per l’assistenza personale, ci rifiutiamo di ascoltare le menzogne cucite ad hoc per noi dai grandi gruppi finanziari.
Noi che viviamo nell’emergenza da sempre non crediamo ai sensi di emergenza e di minaccia costruiti a tavolino.

Ridiamo in faccia ai toni bellicisti da pre-prima guerra mondiale (andiamoceli a cercare, com’erano), alla propaganda di guerra che ci viene propinata insieme alla vita privata dei cantanti. Ancora esiste chi studia e interpreta la storia e le scienze politiche, e sappiamo che non c’è alcun effetto deterrente nella corsa al riarmo, sappiamo che ai riarmi seguono le guerre, e sappiamo che chi è disabile è tra le prime vittime delle guerre. Ancora esiste chi studia la comunicazione politica, e respingiamo con forza la neolingua di regime per cui le parole “pace” e “diplomazia” vengono ridicolizzate e assumono significati opposti a quelli reali.

Quando si trovano i soldi per le armi e non per contenere la crisi climatica che distrugge le nostre vite si percepisce chiaramente tutto il disprezzo delle “istituzioni” verso di noi, la loro totale distanza dai bisogni della gente comune. In casi come questi viene allo scoperto la feroce guerra di classe in atto che di solito riesce a rendersi quasi invisibile. E si percepisce proprio il disprezzo verso di noi, persone sulla cui pelle arricchirsi.

Noi per cui è quasi impossibile trovare un lavoro dove non sei sfruttato, noi che non mettiamo insieme il pranzo con la cena, noi che ci possiamo permettere tre ore di riscaldamento al giorno, noi che viviamo in città con affitti alle stelle, migliaia di case popolari sfitte e sempre più persone senza casa, noi che con gli stessi soldi di qualche anno fa facciamo una spesa sempre più scarsa.

Ma è ancora possibile ribellarsi. Lo è sempre. Se decidiamo che la nostra rabbia è sacra. Se non crediamo al fatto che protestare è inutile.

Se non cediamo al nichilismo e all’abulia con cui siamo stati cresciuti, alla depoliticizzazione con cui veniamo imboccati col cucchiaino da decenni.
Se non cediamo alla disperazione che ci è imposta e che è così comoda e utile.

Se ci rifiutiamo di focalizzarci sul nostro singolo interesse e vantaggio personale, mors tua vita mea e per il resto si salvi chi può.

Se non pensiamo che investire tempo e energie per aiutare il nostro quartiere, i vicini di casa, la comunità sono sprecati.

Se rifiutiamo l’idea che la possibilità di acquistare su Amazon tutti i prodotti che vogliamo sia il massimo a cui possiamo aspirare nella nostra vita.

Se desideriamo e sogniamo molto più di questo.
Se capiamo che un popolo incazzato fa ancora paura. Se vogliamo poter dire che ci siamo impegnati con tutte le nostre forze.

[M. Chiara]

Descrizione immagine: primo piano di M. Chiara distesa. Ha i capelli lisci neri e un vestito nero a fiori

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