Passata l’adolescenza e una volta iniziato a scoprire com’è il mondo (spoiler: abilista) mi sono scontrata, ma proprio ho sbattuto i denti, con ostacoli che non credevo potessero esistere. Non li credevo possibili, era assurdo e ingiusto. Era un mondo parallelo di cui tantissime persone ignoravano l’esistenza.
Aeroporti in cui gli addetti ti guardano come il più schifoso dei problemi che gli potessero capitare, corsi che ti aprirebbero opportunità se solo non si tenessero nella torre di Raperonzolo, gite con l’università in cui ti si chiede di pagare più degli altri se vuoi partecipare, e concerti e spettacoli in cui tu vorresti solo svagarti ma no, arriva lo stronzo che ti dice che il posto per quelli come te è dietro, per forza, anche se hai pagato per stare davanti.
E, come tante persone disabili, ho cominciato a forzare la mano. Ho cominciato a non accettare i no e i trattamenti differenziati. Ho cominciato a non indietreggiare davanti a chi mi urla che sono un problema e che devo andare dietro, e mi sono pure comprata un microfono (sì, esatto, ho un microfono attaccato alla carrozzina, lo uso nelle feste con la musica alta, ma in realtà l’ho comprato appositamente per discutere con la security ai concerti quando la musica di sottofondo è troppo forte per la mia voce). Ho cominciato ad essere un accollo, a prendere spazio, a creare disturbo stando dove cavolo mi pare, a ridicolizzare ogni omino che prova a dirmi che ho meno diritti in virtù del fatto che poggio il culo su un mezzo a ruote.
A minacciare di usare mezzi mediatici e mezzi legali, a scrivere a tutte le persone coinvolte e soprattutto a chi è “più su” nella gerarchia con il tono di chi non ne vuole tante, con tono stupito, ributtando loro addosso il senso di inadeguatezza che provano a farmi sentire per aver rivendicato un’esperienza senza discriminazione.
Insomma, quando mi trovo davanti a un ostacolo basato sulla discriminazione scendo in guerra, di solito finché non vinco, e uso freddamente le strategie che negli anni ho visto funzionare. Mi sembra ormai di essere una macchina che sa che obiettivi colpire.
A volte penso: ma io non ero quella lì gentile? Veramente li vuoi minacciare così?
E la risposta è sì, a entrambe le cose. Ci sono momenti in cui non c’è da essere gentili. Non quando i tuoi diritti sono la cosa che può essere persa.
E ho scoperto una cosa: che abbiamo molto più potere di quello che immaginiamo.
Che chi prova a discriminarti poi spesso se si trova davanti alla prospettiva di un’esposizione mediatica se ne striscia via, si rintana in qualche buco e inizia a darti del lei con tono adulatorio (che è comunque una cosa schifosa, ma è un altro discorso). Che ai concerti puoi stare davanti, nei posti che hai acquistato, che puoi far spostare i luoghi dei corsi, che alle gite puoi pagare come gli altri (anzi, una volta all’università mi è capitato che dopo che ho fatto casino non mi hanno fatto pagare proprio, e ho pure insistito per pagare la mia quota, e sì che all’inizio mi chiedevano di pagare una cifra spropositata per un trasporto accessibile dicendo che non avevano fondi).
Questo è il mio invito a tutte le persone disabili (o altrimenti marginalizzate) in ascolto a forzare la mano. Ad andare avanti come treni. A creare casino, a piantare grane, senza preoccuparsi di fare brutta figura o mostrarsi troppo vulnerabili. A non accettare i no. A sputare metaforicamente sulle soluzioni risibili che cercano di propinarci. A chiedere cose che ci dicono essere la Luna, ma che sono solo cose normali a cui tante altre persone hanno diritto senza neanche averci mai pensato (A comprare microfoni, se avete la voce non fortissima, highly recommend).
A stancare queste persone che si arrogano il diritto di rovinarci la vita (in particolare quella sociale), tanto si stancheranno prima di voi perché sono dalla parte del torto.
Non accettiamo al primo contentino. Chiediamo di più, di più, di più.
Bill Peace scriveva, nella sua lettera ai giovani disabili, “Letter to Young Cripples”:
“Vai, turba le persone. Non avere paura di metterti in conflitto. Oppure sii educato. Fai quello che funziona per te ma sii presente. Afferma i tuoi diritti. Se non lo fai ne soffriremo tutti. Se non siamo presenti gli abilisti faranno quello che sono bravi a fare: minare i diritti delle persone disabili.”
Io sono sempre stata una tipa abbastanza posata e accomodante. Mi viene spontaneo essere gentile, e mi sento strana quando devo trasformarmi nella tizia che litiga e forza la mano. Mi scoccia dover fare quella parte lì, vorrei vivere in un mondo dove non ce n’è bisogno. Sono un po’ in contrasto con questa cosa, un po’ ci rido, un po’ mi faccio delle domande.
Ma ci sono la nostra vita in mezzo, i nostri piaceri, i nostri bisogni, i nostri diritti, e tutte queste cose sono sacre.
Spostiamole dall’ultimo posto, dove spesso vengono relegate, al primo. Ogni volta che possiamo iniziamo con un No, non accetto questo trattamento di serie B, e portiamolo avanti. Abbiamo il potere di cambiare le cose.
[Elena]
Descrizione immagine:
Primo piano di Elena che sorride. Ha i capelli lunghi castani e un top bianco.