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Provare la disabilità per un giorno – Cosa c’è di sbagliato?

Esistono iniziative che prevedono che le persone non disabili trascorrano un po’ di tempo, ad esempio, su una carrozzina o con gli occhi coperti da una benda, per “far capire” com’è avere una disabilità motoria o essere ciechi. L’obiettivo sarebbe creare conoscenza e sensibilizzare.

Potrebbe sembrare utile che una persona non disabile tocchi con mano le varie barriere, ma l’utilità, di fatto, è minima rispetto ai danni che si producono.

Nonostante le buone intenzioni, sono infatti iniziative problematiche sotto vari punti di vista.

Problema n. 1:

Queste simulazioni danno una prospettiva molto superficiale e non autentica delle vite delle persone disabili.

Ad esempio, trovarsi improvvisamente a dover guidare una carrozzina manuale è difficile se non si conoscono le tecniche di una persona disabile, come il modo ottimale per spingersi, la razionalizzazione dei movimenti, i metodi per superare gli ostacoli.

In quel momento non si vive l’esperienza di una persona disabile ma un’esperienza, potremmo dire, peggiorata dalla propria inesperienza. Sarà quindi probabilmente qualcosa di frustrante. Il rischio che si corre è che la persona non disabile in questione abbia una sorta di “conferma” che la vita delle persone disabili è brutta e tragica. E sappiamo che questo tipo di sentimento non ha mai aiutato nessuno.

Problema n. 2:

Perché c’è bisogno di provare l’esperienza della disabilità?

Interroghiamoci sul perché siano sentite come necessarie queste iniziative di “imitazione” della disabilità, quando sarebbe sufficiente ascoltare le persone disabili che ripetono da un pezzo che i marciapiedi vanno costruiti con le rampe, i parcheggi per persone disabili non vanno occupati, gli spazi devono essere accessibili, le barriere sensoriali vanno abbattute.

È l’ennesimo caso di minimizzazione: si pensa che le voci delle persone disabili sull’argomento non siano sufficienti.

Per concludere:

Queste simulazioni riflettono il Modello Individuale (o Medico) della Disabilità. Si focalizzano cioè sulle presunte mancanze dei corpi disabili (l’impossibilità di vedere o di camminare), presentando la disabilità in modo limitato. La disabilità è depoliticizzata: è presentata più come un fatto oggettivo e conoscibile legato al corpo che come fatto anche culturale e sociale.

Muoversi su una carrozzina per “sperimentare la disabilità”, ad esempio, non ti fa capire nulla dell’abilismo, e dà l’idea che l’unica cosa che c’è da imparare sulla disabilità motoria sia come muoversi in carrozzina.

Soprattutto, alle voci delle persone disabili non viene data importanza. Sono invece le persone non disabili le protagoniste. È normalizzato che la promozione di diritti di base necessiti di una sorta di avallo da parte delle persone non disabili.

[M. Chiara]

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