La disabilità nel cinema viene spesso rappresentata in modo irrealistico – e quindi dannoso per le persone disabili, dato che il cinema influenza la cultura. Ho raccolto i cliché più comuni presenti nei film in cui ci sono personaggi disabili.
1. Il conflitto interiore del personaggio disabile è la sua disabilità.
PAM! Alla fine dei giochi è sempre lì che tutto torna: il personaggio disabile deve in qualche modo “affrontare” la propria disabilità, possibilmente con qualche lacrima. Perché lo sappiamo tutti che è quello Il Problema della vita delle persone disabili, il nocciolo della loro lotta interiore, no?
Creare un personaggio disabile a quanto pare è molto semplice, basta dargli un irrisolto legato alla sua disabilità: lo sforzo di trovargli un altro conflitto interiore nella gran parte dei casi non c’è.
Per esplicitare visivamente questo concetto, c’è almeno una scena in cui il personaggio “fa fatica” a causa della sua disabilità, in cui vuole fare qualcosa da solo e non ci riesce, che sia lavarsi i denti, vestirsi o aprire il frigo. E la telecamera vi indugia parecchio, per essere sicuri di evidenziare quanto la disabilità faccia schifo e sia frustrante. Correlato a questo, c’è il chiodo fisso sull’autonomia. Chissenefrega se per fare una cosa ci mette il triplo in energia e tempo: il personaggio disabile dirà con fermezza “faccio da solo”, per dimostrare a tutti la sua grande forza di volontà.
Quasi immancabile se poi il personaggio ha una disabilità fisica il momento in cui dichiara di odiare il proprio corpo.
2. Il personaggio disabile ha un carattere strano, nel senso che generalmente non si rapporta con gli altri in modo socialmente accettabile.
Gran parte delle volte è passivo e inetto oppure è estremamente ribelle tanto da sfociare nella maleducazione e nella violenza. A volte questi due estremi si ricongiungono e creano l’archetipo sommo del personaggio disabile nel cinema: di base, una persona amareggiata dalla vita che si sfoga sugli altri. Sembra di vedere e rivedere sempre lo stesso personaggio fatto con lo stampino dei biscotti.
Le persone non disabili fungono da “salvatori” in quanto devono o spronarlo, incoraggiarlo e scuoterlo dalla sua condizione di immobilità e tristezza (causate chiaramente – alla radice – dalla disabilità) oppure rimetterlo al suo posto, di solito con la celebre espressione sentita e risentita “solo perché sei disabile non puoi permetterti di trattare male gli altri”.
3. Le persone non disabili – in modo particolare gli eventuali assistenti – oltrepassano i normali confini di relazione.
Fanno commenti spietati e dicono tranquillamente cose abiliste, a cui di solito il personaggio disabile reagisce con passività e un sorriso. Perché a quanto pare con le persone disabili non c’è bisogno di essere civili. A volte si tratta di battute intese per essere divertenti e con le quali il film vuole dimostrare a tutti che è così “avanti” da non essere politically correct. Peccato che in questo modo siano poste come normali delle dinamiche tossiche.
Cose che se capitassero a me darei a chi le fa un calcio per cui… boh… probabilmente finirebbero sulla Luna.
Non solo. A volte si parla sopra, in modo paternalistico, al personaggio disabile. Tipo quando due assistenti si mettono d’accordo sulle mansioni da fare senza che la persona disabile venga interpellata.
Spesso viene fuori in modo tangibile il pregiudizio di chi ha scritto il film, quando ad esempio si rappresenta il personaggio disabile come poco più di un oggetto di cui prendersi cura attraverso le parole di personaggi che sono invece mostrati come positivi per tutto il film.
4. Da parte del personaggio disabile c’è molto di frequente almeno una battuta o un gioco di parole sulla sua disabilità. Peccato che si tratta spessissimo di una battuta posticcia, palesemente concepita da uno sguardo esterno, che non fa ridere.
Da quanto decontestualizzata, strana e “fatta apposta” è la battuta, appare evidente che in realtà lo sceneggiatore non si aspetta che in generale le persone disabili scherzino e che il suo obiettivo è far risultare il personaggio come autoironico, fuori dagli schemi e non politically correct (c’è proprio una fissazione su quest’ultima cosa).
5. A volte si inquadrano parti del corpo del personaggio disabile senza apparente motivo.
Ma sì, perché non indugiare con un bel primo piano di qualche secondo sulle ginocchia magre, o su una mano tenuta storta?
Le inquadrature spesso gridano “Sguardo esterno! Non abbiamo mai visto una persona disabile in vita nostra, inquadriamo pezzi di corpo a caso!
Ehi, abbiamo una disabilità qui eh, in caso non aveste notato.”
Sono inquadrature che semplicemente non si farebbero con un personaggio non disabile. Poi – se sei masochista – dopo il film ti vedi le interviste e i behind the scenes e scopri che metà discorsi sono focalizzati su quanto sia stato difficile “recitare” quella particolare disabilità, e di come l’attore abbia passato mesi nel centro tal dei tali a stretto contatto coi lemuri… ehm cioè scusate, le persone disabili… per capire come fare, e comprendi che in pratica per loro uno dei punti focali del film – importante quanto la trama – è proprio quanto secondo loro hanno imitato bene la disabilità. Mi raccomando, senza prendere attori davvero disabili.
6. Approfondiamo questa cosa che il più delle volte non viene fatta la scelta logica di far interpretare il personaggio disabile da un attore disabile: in genere si decide di prendere un attore non disabile che avrà il compito di imitare gli spasmi muscolari, o l’immobilità, o la cecità, eccetera. E statisticamente questo ruolo gli varrà l’Oscar.
Attenzione però, è un attore imbruttito alla bisogna. Tipo che gli fanno indossare una felpa pigiamosa a pallini, dei pantaloni troppo larghi, o gli fanno un taglio corto e trascurato. Ma anche pettinature punk per far vedere a tutti quanto sia trasgre. A volte si impegnano così tanto che riescono a ottenere anche l’impossibile, tipo imbruttire James McAvoy.
7. La colonna sonora è triste, anche fuori contesto. C’è poco da dire, magari vediamo una persona in carrozzina elettrica che si fa i cazzacci propri in giro e parte la musica tragicissima che ti farebbe versare fiumi di lacrime anche se usata sotto la pubblicità della passata di pomodoro.
8. Tutti i personaggi hanno un desiderio, o un obiettivo. E se scorrete molti film troverete due obiettivi principali per quanto riguarda i personaggi disabili: il sesso o la morte. Ma anche tutti e due insieme.
9. …Ma le scene di sesso sono molto rare. È improbabile vedere personaggi disabili protagonisti della classica scena di sesso accompagnata dalla musichetta romantica, senza imperfezioni e senza preservativi. Incredibilmente, non c’è neanche nei film con un grosso focus sulla storia d’amore. Se la scena di sesso c’è, è perché il tema del film è il sesso (di solito a pagamento).
10. Il personaggio disabile ha il ruolo più o meno specifico di cambiare le altre persone in meglio. Si vocifera che se il personaggio fallisce in questo ruolo, lo sceneggiatore colpevole verrà fulminato da Zeus.
Il personaggio disabile insegna a vivere. A vivere con più consapevolezza, con più libertà, con più amore. Insegna ad apprezzare la vita. Insegna tutto quello che volete di positivo, non deve fare granché, basta che respira.
Il personaggio disabile insegna che non si devono dare le cose per scontate, che la vita è bella (quella dei non disabili di più però), e il protagonista o coprotagonista non disabile si sente super arricchito dopo questa paranormale esperienza di contatto con la persona disabile gwgjkufssaaguhkomrdWfhf scusate mi ero addormentata sulla tastiera.
[Elena]