Cose che ho notato su come è stata trattata la vicenda e alcune considerazioni
1) Poca risonanza alla vicenda.
Avete presente quando tutti si mettono a dare la propria opinione sul fenomeno del giorno? Ecco, non è successo in modo ampio.
Cioè, se ne è parlato più di quanto siamo abituati quando si tratta di disabilità, ma meno che se si fosse trattato di una categoria marginalizzata con cui più persone empatizzano (perché ricordiamo che la disabilità è particolarmente brutta e cattiva). La disabilità è vista come argomento “altro”, lontano dai temi di giustizia sociale, e non politico: non è un tema che ci si prende granché la briga di conoscere. Questa attenzione tiepida si può spiegare come sempre con l’abilismo, e ha riguardato immancabilmente anche i classici spazi femministi/di giustizia sociale.
Vale la pena notare che Fedez è anche un “personaggio di sinistra”, ha sostenuto il Ddl Zan, ha potere mediatico ed economico, e per questi motivi c’è una certa resistenza a criticare il suo operato in tema di diritti.
2) Il commento “Grazie a questa vicenda abbiamo capito che anche chi è disabile può dire cose stupide, insensibili e discriminatorie”.
Non so se è chiaro, ma è come dire “abbiamo capito che anche le donne possono dire cose stupide, insensibili e discriminatorie”.
È svilente dire “Ehi, guarda che quelle della categoria X sono delle persone”.
Stiamo davvero difendendo il fatto che siamo umani? O vogliamo puntare un po’ più in alto come narrazione?
Inoltre, con questa fissazione sul fatto che le persone non disabili avrebbero pregiudizi positivi sulle persone disabili passa il messaggio che l’abilismo sia una sorta di discriminazione benevola: non è così.
3) Il commento “Non è colpa di chi conduce Muschio Selvaggio, ma di Emanuel”.
La responsabilità in realtà è condivisa. Tutte le persone presenti hanno detto cose offensive.
Ma c’è da fare qualche specifica.
Uno, è ovviamente Muschio Selvaggio che decide chi invitare, a chi dare spazio, e avranno valutato che i contenuti di Emanuel fossero in linea con il loro format. Su larga scala, vediamo in effetti che sono le persone non disabili che decidono a che tipo di contenuti dare rilevanza quando si tratta di disabilità.
Due, Emanuel, essendo disabile, è a sua volta oggetto, e quindi vittima (ad un livello più ampio), di quelle battute denigratorie. Dire che è colpa di Emanuel, punto, è un po’ semplicistico. Vi ricordate la donna che voleva essere chiamata “direttore d’orchestra” e non “direttrice”? All’epoca c’erano state riflessioni profonde sulla misoginia interiorizzata e orizzontale. Non vedo la stessa ricerca di complessità quando si tratta di disabilità. Eppure dovremmo sapere che tutte le oppressioni funzionano allo stesso modo. Applichiamolo un po’ ‘sto concetto!
4) Gli insulti che piovono su Fedez.
Sebbene ci stia tutto che ad un’offesa si risponda con una reazione, per un sacco di persone diventa un pretesto per elencare tutti i motivi per cui odiano Fedez. Taggandolo, quindi con la possibilità che lui veda l’insulto.
Essere deumanizzate è una cosa che succede spesso alle persone molto esposte. Ma non è che siccome sono molto esposte possono diventare il bersaglio di un tiro a freccette.
5) Persone, in gran parte uomini, che magnanimamente ci spiegano la vita: “era una battuta, è un modo diverso e progressista di parlare di disabilità, senza prendersi sul serio e scoperchiando finalmente temi tabù.”
E insomma…, no niente, è talmente poco importante che non ci spreco lo spazio.
6) È una delle prime volte in Italia in questa era social che c’è una mobilitazione collettiva di persone disabili in reazione a dei messaggi abilisti.
Siamo davvero contente, e questo ce lo portiamo a casa.
[M. Chiara]