Vignetta di Mitchell Toy in cui ci sono la carrozzina di Stephen Hawking vuota in primo piano e la silhouette di un uomo in piedi, di spalle, che cammina verso le stelle, e la cui ombra è proiettata sulla carrozzina.

Stephen Hawking e la sua carrozzina

Quando muore una persona conosciuta che usava una carrozzina, iniziano a girare vignette in cui ci sono questi due elementi: la carrozzina abbandonata e la persona che cammina o svolazza, come a dire che con la morte è finalmente libera. È successo con Stephen Hawking.

Che disagio. 

In questo tipo di rappresentazioni si identifica la carrozzina con la sofferenza. Ma le carrozzine sono strumenti che ti permettono di fare cose, non prigioni – anche se per i media tradizionali sono considerate come la Cosa Brutta per eccellenza, tant’é che a volte vengono usate come spauracchio negli spot sulla guida sicura. Suggerire che una persona disabile è libera quando non usa gli strumenti che gli servono per essere indipendente e vivere una vita piena e in salute è un messaggio illogico, tossico e fuorviante. 

Mobilità, velocità, indipendenza, ingegno, innovazione tecnologica: questi sono un po’ di concetti che mi vengono in mente quando penso alla carrozzina. 

Perché, nel celebrare Stephen Hawking, si sceglie di focalizzarsi su quanto “bene” si deve sentire, fuori dal suo corpo?

Ridurre tutto a “dopo la morte non è più disabile, evviva” palesa il fatto che per il vignettista era la disabilità la caratteristica principale di Hawking, il tratto caratterizzante e più importante. 

Non sto minimizzando la necessità di adattarsi ai cambiamenti fisici dovuti a una patologia, ma se si vuole celebrare Stephen Hawking questo non è veramente il punto, e se non lo si capisce vuol dire che lo si vede prima di tutto come disabile. E non solo: vuol dire che si considera la disabilità come una cosa interamente negativa e non come una delle mille caratteristiche di una persona. 

Un corpo disabile pone certi limiti, ma molto più spesso è la società che ci limita, dato che viviamo in un mondo progettato per rispondere alle necessità della parte non disabile della popolazione, in modo sia implicito che esplicito. Eppure diverse persone non disabili – a causa dei retaggi culturali – considerano una vita con dei problemi fisici o mentali come una vita non degna di essere vissuta.

Ne abbiamo abbastanza di questa retorica – di cui la nostra cultura è satura – secondo cui le persone disabili stanno meglio da morte. Non ci serve. È nociva. Questa vignetta implica che le persone disabili siano libere solo fuori dai propri corpi – un pensiero purtroppo abbastanza diffuso. Da qui a pensare che aspettiamo solo di morire il passo è breve. 

Ci dev’essere spazio per difendere l’assistenza sanitaria e il diritto alla salute senza l’eugenetica, per gestire l’eventuale sofferenza legata a una patologia senza identificare la disabilità con la sofferenza.

Stephen Hawking disse: “Le mie disabilità non sono state un handicap significativo nel mio campo, che è la fisica teorica. Anzi, mi hanno in qualche modo aiutato, evitandomi l’insegnamento e il lavoro amministrativo in cui altrimenti sarei stato coinvolto”. E ancora: “È chiarissimo che la maggior parte delle persone con disabilità nel mondo hanno moltissime difficoltà con la sopravvivenza di tutti i giorni… Risolvere queste barriere di comportamento, fisiche, e economiche ci è possibile. Anzi, abbiamo un dovere morale di rimuovere le barriere alla partecipazione, e di investire sufficienti fondi e competenze per liberare il grande potenziale delle persone con disabilità”. 

Mi sembra che Hawking fosse molto consapevole del ruolo che la disabilità ha avuto nella sua vita, e non capisco il motivo per cui sembra accettabile da un lato non riconoscere questa parte della sua esperienza umana come formativa e significativa, e dall’altro descriverla come un ostacolo da cui ora è finalmente libero. 

Anche la sua carrozzina gli ha permesso di fare quello che ha fatto. La disabilità è stata una parte importante della vita di questo scienziato, quindi perché vederla solo nelle sue parti negative? 

Hawking non è stato un grande “nonostante” la sua disabilità, è stato un grande CON la sua disabilità. 

Non sto negando la necessità di riconoscere che la SLA è una patologia debilitante: sarebbe irrispettoso farlo. Ma sottolineare quanto sia brutto avere la SLA non è il modo giusto per celebrare un grande scienziato. È soltanto il modo “classico” per parlare di una persona disabile che “ce l’ha fatta” malgrado le avversità (senza magari spendere una parola sull’oppressione sociale sistematica verso le persone disabili), provocare risposte emozionali (perché abbiamo tutti paura della malattia) e brividini simpatetici. 

Il corpo “abile” non è l’unico corpo possibile. Un’alternativa a questa vignetta sarebbe potuta essere disegnare Stephen Hawking sorridente. Oppure mentre vola nello spazio, ché tanto nessuno può volare e non ci sono gerarchie di abilità.

Oppure anche niente che faccia pensare a una vita dopo la morte, visto che Stephen Hawking era ateo.

[Elena]

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