Ci scrivono:
Sono passati tanti anni, ero giovane e non così capace di masking [fingersi non autistici, n.d.r.] come oggi.
Sono autistico, adhd e goffo sia fisicamente che a livello sociale.
Ai tempi non lo sapevo, la mia diagnosi arrivò parecchi anni più tardi.
Agli inizi del millennio nessuno parlava di autismo.
In uno dei miei primi lavori dopo l’università, girò la voce che fossi già sposato.
Mi avvicinò sul posto delle mie mansioni una simpatica signora che, con fare spigliato, mi chiese se fosse vero.
Alla mia risposta affermativa, allargò un sorriso ancora più grande e…
“Ma quelli come te si possono sposare?”
“Ma tua moglie è come te?”
“Ah, tua moglie è laureata? …E cosa ci fa con uno come te”?
Lo capii anni dopo.
Le persone accanto a me percepivano la mia neurodiversità come se non comprendessi.
Si era sparsa la voce in azienda che mi avessero preso con le quote disabili.
Questa è una cosa che mi ha sempre seguito nella mia vita, quell’espressione divertita in volto mentre mi si sta parlando.
Probabilmente il più spregevole abilismo che la gente manco si rende conto di attuare nei miei confronti.
Questa sicumera (che traspare da come mi parlano e guardano) che io non capisca.
Ah, sempre per quell’azienda giro tra le varie filiali nel mondo ad insegnare ai colleghi le procedure della qualità.
Descrizione immagine: La frase “Ma quelli come te si possono sposare?” e l’hashtag #StorieDiAbilismo. Grafica blu con riquadro bianco