
Pandemia e disabilità, un anno dopo
Alle altre persone disabili e vulnerabili che ci leggono: sappiamo quanto pesa sentire che siete delle perdite accettabili da un anno, dall’inizio della pandemia.
Alle altre persone disabili e vulnerabili che ci leggono: sappiamo quanto pesa sentire che siete delle perdite accettabili da un anno, dall’inizio della pandemia.
Le persone non autosufficienti stanno pagando un prezzo altissimo per la pandemia.
C’è una questione femminista che molto raramente viene affrontata dal femminismo. Qualcosa che riguarda il controllo sul proprio corpo, la libertà, gli squilibri di potere, la possibilità di esercitare scelte e le pari opportunità – tutti punti cardine del femminismo.
In questi giorni ho letto la notizia di un uomo di Viareggio di quarantaquattro anni che durante i congedi dal lavoro per assistere il coniuge disabile lavorava in nero come verniciatore in un’altra azienda, denunciato per truffa aggravata.
Perché la Toscana stanzia più fondi delle altre regioni per l’assistenza personale? Perché c’è l’Avi Toscana.
L’etichetta “sei disabile quindi soffri perché sei disabile” è imperante a livello sociale. Io non soffro per niente per la mia disabilità.
L’hidden labour of disability, che vuol dire “lavoro nascosto della disabilità”, consiste in tutte quelle cose in più che le persone disabili devono fare in una società abilista.
Il virus ha creato una situazione in cui si palesano ancora di più molte disparità sociali.
Non sono autosufficiente, e questo significa che una volta seduta sulla carrozzina posso fare varie cose da sola, ma prima bisogna che qualcuno mi ci metta sopra, dopo avermi aiutato a vestirmi.