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“Sii grato per quello che hai!”

Descrizione del video:

Vengono mostrate una serie di persone, ognuna delle quali desidera avere qualcosa che non ha. Il video inizia con un automobilista a cui piacerebbe avere un elicottero, c’è poi un altro uomo in macchina che invidia l’auto, più lussuosa, del primo uomo. Poi compare un altro uomo che vorrebbe avere semplicemente un’auto più nuova della sua, un uomo in bicicletta che vorrebbe potersi permettere una macchina e un uomo a piedi a cui piacerebbe una bici. Se non vi sono ancora morti i neuroni, fate un ultimo sforzo e seguitemi ancora un po’. Il video finisce con un uomo in carrozzina di spalle, sul balcone, che osserva un uomo per strada e pensa “lui può andare dove gli pare”.

In generale non ho niente da dire sull’idea di essere grati per le cose belle che si hanno, chi non è d’accordo? È una cosa che tutti dovremmo ricordarci più spesso, certo, e in questo caso ci hanno fatto il classico video semplicione che ti ispira a migliorare la tua vita.

Il problema è che questo video è sbagliato su così tanti livelli che non so da che parte cominciare.

Salta dal concetto di possedere dei beni (cioè diversi mezzi di trasporto) a dei problemi di salute; quindi da dei fattori puramente economici passa a una condizione fisica. Fatico un po’ a vedere il nesso logico.

La cosa più discutibile, però, è che il messaggio viene trasmesso a discapito delle persone in carrozzina, perché l’idea sottostante è che essere in carrozzina sia una delle cose peggiori che possano capitare.

Un’idea che si basa su un grave pregiudizio su che cosa significa essere in carrozzina, ed è concepita per far sentire meglio i non disabili.

Tra l’altro, il tipo in carrozzina è l’unica persona ad essere rappresentata di spalle, curvo in avanti, a casa, in linea con le peggiori retoriche paternalistiche e stereotipate.

(Cioè ragazzi, siamo nel 2017, non negli anni Trenta!)

Dunque secondo il video il bipede di passaggio che lo guarda dovrebbe essere rincuorato perché ci sono persone messe peggio di lui.

“Ok, non posso permettermi la macchina MA almeno non sono disabile.”

E poi che un video simile possa risultare degradante e offensivo per tantissime persone chi se ne importa. Perché, i disabili capitano su Youtube? Pensavo stessero sul balcone a guardare la strada.

Abilismo. È una tendenza talmente diffusa che non viene ancora riconosciuto come fenomeno discriminatorio al pari di razzismo, sessismo e omofobia.

Il mio T9 non lo riconosce nemmeno, fate un po’ voi.

Ok, probabilmente non mi devo aspettare profondità e intelligenza da video del genere. Ma il problema è che non si tratta affatto di un caso isolato. Su Internet, per esempio, messaggi simili sono all’ordine del giorno, e i punti di vista critici sono rari.

La questione è importante, è qualcosa che va oltre una semplice scocciatura mia per essere rappresentata in questo modo. Si tratta di qualcosa di sistematico in ogni tipo di media: una rappresentazione negativa e tossica della disabilità supera di gran lunga, in quantità, una rappresentazione realistica e positiva. È più o meno sottile e strisciante, ma con un unico concetto di base, cioè che essere disabile significa in qualche modo essere “meno”.

Non sono solo parole, non sono mai solo parole: gli stereotipi hanno sempre delle conseguenze pratiche. Anzi, in questo caso possiamo dire senza esagerare che si tratta di una questione di vita o di morte: la percezione culturale delle persone disabili si riflette direttamente sulla possibilità di accedere a dei servizi vitali. Più viene perpetuata l’idea che disabilità equivale a tragedia, più sarà difficile sbloccare i finanziamenti per passare dalle RSA all’assistenza personale autogestita. Dove la disabilità viene vista come tragedia, i disabili vengono considerati incapaci di decidere cosa è meglio per loro e di assumere direttamente degli assistenti, figuriamoci di partecipare ad una comunità come cittadini attivi e consapevoli: meglio allontanarli e chiuderli da qualche parte, perché noi delle tragedie non ne vogliamo sapere.

Più viene perpetuata l’idea che disabilità equivale a tragedia, più sarà facile scusare il modo orribile in cui vengono trattati certi bambini disabili, su cui ci si accanisce spesso con trattamenti che assomigliano a vere e proprie torture e di cui viene regolarmente violata l’autodeterminazione sul proprio corpo.

Più sarà facile ignorare che gli omicidi di bambini e adulti disabili da parte di chi se ne dovrebbe prendere cura ricevono la comprensione dell’opinione pubblica. E che le persone disabili vengono sterilizzate ancora oggi senza il loro consenso, e che il genocidio di persone con certe disabilità viene chiamato con il nome altisonante di eugenetica.

[Maria Chiara]

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