Grafica blu con scritta bianca: La COMPASSION, traducibile con "preoccupazione empatica per l'oppressione altrui; assenza di giudizio sulle esperienze altrui; non proiettare le colpe su chi è oppresso", dovrebbe essere al centro dei movimenti di giustizia sociale

Non ha senso incolpare le persone disabili per l’abilismo interiorizzato

Alcune persone disabili parlano di sé utilizzando una retorica abilista, e avallano l’idea che la vita delle persone disabili è brutta o ha meno valore.

Ma incolpare loro non ci porta da nessuna parte, anzi.

È un fenomeno praticamente inevitabile, che esiste perché c’è un sostrato per cui può esistere, che lo incoraggia ad esistere. Quelli di “motivatori”, “vittime tragiche” e “cittadini di serie B” sono i ruoli delle persone disabili che abbiamo imparato dai film e dalla televisione. Che ci cuciono addosso alcuni insegnanti a scuola. Siamo circondati da queste narrazioni, sono le più diffuse quando si tratta di disabilità. Non possiamo incolpare le persone disabili che ci hanno creduto: è uno scam che esiste da prima che nascessimo.

Le persone con l’abilismo interiorizzato non sono Il Problema del movimento di liberazione delle persone disabili. Casomai ne sono il fulcro.
Così come le donne sessiste non sono il Problema da combattere, bensì l’obiettivo di liberazione del femminismo.

È il sistema il problema. Che danneggia tutti, ma soprattutto chi non ha avuto la fortuna casuale di trovare gli strumenti per decostruirlo.

La giustizia sociale manca il bersaglio e danneggia le persone più oppresse se non prevede la compassion, che è traducibile con “preoccupazione empatica per l’oppressione altrui; assenza di giudizio sulle esperienze altrui; non proiettare le colpe su chi è oppresso”.

[Elena]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Archivi
Categorie